Alcuni vini contengono quantità elevate di solfiti: possiamo notarlo anche in prodotti eccelsi. Ma a cosa servono, e quali sono i rischi?
Come disse un vecchio saggio: In vino veritas, un latinismo che significa letteralmente Nel vino c’è la verità. Beh, che troppo vino faccia dire la verità è risaputo, ma se fosse il vino stesso a dirci cosa contiene? In molte bottiglie non è raro trovare la dicitura ‘con aggiunta di solfiti’. Una frase, questa, che se letta con attenzione può far accapponare la pelle a molti.

La cosa interessante è che il vino, più è datato, più è facile che contenga solfiti. Sul tema c’è molta confusione, e un vero e proprio scontro tra pensieri: c’è chi demonizza i solfiti e chi, al contrario, li accoglie come elemento essenziale del buon vino. Ogni teoria merita attenzione, ma per fare una scelta consapevole è bene conoscere l’argomento e, dunque, cosa contiene ciò che beviamo ogni giorno – e perché lo contiene.
Perché ci mettono i solfiti nel vino?
Iniziamo dicendo che la scritta ‘contiene solfiti’ non è lì per fare scena. I solfiti sono composti a base di zolfo – l’anidride solforosa in particolare – usati nel vino per una ragione molto semplice: lo proteggono. Agiscono come conservanti, impediscono che batteri e lieviti indesiderati ne rovinino il sapore, e fanno in modo che il colore e gli aromi restino stabili nel tempo.

E no, non sono solamente solo un’aggiunta artificiale: i solfiti si formano anche naturalmente durante la fermentazione. Ma in quantità così basse che non basterebbero a mantenere il vino integro negli anni. Per questo, nella maggior parte dei casi, vengono aggiunti dai produttori in varie fasi del processo – dall’arrivo delle uve in cantina fino all’imbottigliamento. Soprattutto nei vini destinati a invecchiare, la presenza di solfiti è praticamente inevitabile.
Ora, c’è anche chi li evita, come nel caso dei vini naturali o biologici, perché teme possano far male, nonché alterare le qualità organolettiche. In effetti, alcune persone particolarmente sensibili possono avere reazioni fastidiose, dai mal di testa alle eruzioni cutanee. Ma non si tratta di un pericolo per tutti.
E per fortuna – nonché per azzerare ogni dubbio e rischio – la legge mette dei paletti. La normativa europea impone limiti precisi: nei vini convenzionali non si possono superare i 150 mg/l per i rossi e i 210 mg/l per i bianchi (quest’ultimi più sensibili al deterioramento nel tempo). Per i vini biologici i valori scendono a 100 mg/l per i rossi e 150 mg/l per i bianchi. Limiti pensati proprio per garantire la sicurezza di chi beve. Insomma, anche qui, come sempre: è la dose che fa il veleno.